L’Insalata dell’Orto varca i confini regionali con i suoi radicchi veneti IGP di IV Gamma e arriva sino in Puglia. Grazie alle performance di mercato che questa categoria di prodotto ha registrato nel corso del 2020, con una crescita del 23% (il totale IV Gamma ha registrato, invece, un -4%), si apre davanti alla società con base a Mira (Venezia), un mondo fino ad oggi inesplorato per queste eccellenze venete: il Mezzogiorno d’Italia, dove si sta costruendo una certa conoscenza del prodotto da parte dei consumatori, e quindi una domanda, innanzitutto grazie alla sua qualità.
“Il grande successo nel 2020 dei radicchi, con cui facciamo l’8% del nostro fatturato, è frutto anche dei precedenti anni, dedicati al lavoro di marketing – spiega Sara Menin, project & development manager dell’azienda -. Grazie a ciò, siamo riusciti ad esportarli al di fuori dei confini della regione e finalmente anche nel Sud Italia, in Puglia, dove siamo presenti, per la prima volta dallo scorso novembre, sia con le varietà IGP che con qualche ‘sfalciato’ ossia baby leaf”.
– Qual è stato il plus di questa categoria di prodotto che vi ha permesso di fare volare un comparto in difficoltà, quello della IV Gamma, al punto di chiudere il 2020 con una crescita a doppia cifra per i radicchi e attutire le perdite per l’intero settore portandole al di sotto delle perdita media nazionale?
“Il plus è che stiamo parlando di un prodotto di qualità molto elevata. La certificazione e i Consorzi che tutelano queste tipologie di radicchio, sono particolarmente attenti alla qualità del prodotto certificano. A questo si aggiunga anche che c’è maggiore attenzione alle produzioni; ci sono disciplinari molto rigidi che portano ad un prodotto finale che ha caratteristiche importanti per il consumatore. Ma a parte questi dati tecnici, credo che i radicchi, con la loro certificazione IGP, rispondano fondamentalmente ad un bisogno primario del consumatore di oggi, che è quello di essere rassicurato sulla qualità dei prodotti che compra. In questo, bisogna dire che le IGP e i Consorzi di tutela che ci mettono il loro nome e la loro faccia, si impegnano molto a dare questa rassicurazione”.
– Qual è il vostro apporto aziendale a questa ascesa?
“Oltre alla selezione della materia prima, lavoriamo molto sul pack. Si tratta di un concept anch’esso fatto per dare rassicurazione al consumatore. Il nome dell’azienda è riportato sul retro e mette in primo piano il prodotto e la certificazione. A bocce ferme, posso dirle che questa politica ci sta dando ragione anche perché confrontando il mese di dicembre 2020 con quello di gennaio 2021, si registra un’ulteriore crescita”.
– Come avete fatto a superare il tabù della scadenza che, durante la pandemia, è stato uno dei principali fattori che ha penalizzato il comparto della IV Gamma?
“Il consumatore sceglie di acquistare i nostri prodotti perché li trova rassicuranti e perché rappresentano un prodotto stagionale e una tipicità territoriale. In questo senso accetta di doverli consumare prima degli altri acquisti. Per ciò che ci riguarda, la grande conquista che siamo riusciti ad ottenere in questo periodo così difficile, è di portare le tipicità dei prodotti del Veneto fuori dai confini della regione. Da novembre siamo arrivati, per primi tra i produttori di radicchi di IV Gamma, appunto in Puglia con le IGP e qualche baby leaf. Contemporaneamente, stiamo aumentando anche il portfolio dei nostri clienti dell’area nord-ovest del Paese”.
– Come farete fronte a questo aumento della domanda?
“Noi, come Insalata dell’Orto, produciamo solo Variegato di Castelfranco perché l’azienda rientra nell’areale di quel disciplinare. Il resto lo acquistiamo da produttori delle aree interessate. Pensiamo di poter ampliare le nostre superfici di variegato, magari convertendo quelle oggi coltivate a radicchio rosso, di almeno un altro 15%. Non credo possano esserci problemi di volumi anche nel caso in cui la domanda dovesse arrivare da altre regioni del Sud o dell’Italia in generale”.
– Anche il vostro bio sta crescendo, in particolare all’estero. Può darmi qualche dato?
“Il bio vale il 22% del nostro fatturato. In questo, penso, che rispetto alle altre aziende di IV Gamma siamo una mosca bianca, dato che la media di prodotto bio esportato oscilla intorno al 4-5%. Con il bio lavoriamo soprattutto con la private label, specie straniera. Tenga in mente che in Italia fatturiamo solo 4-5% del nostro totale bio. Il resto lo facciamo in Europa e nel mondo, grazie ai 280 ettari di proprietà in cui produciamo baby leaf bio”.
– Cosa pensa del residuo zero e del fuori suolo?
“Per il momento non ci interessa. In Italia il fuori suolo, per legge, non può essere certificato bio. In questo momento i clienti ci chiedono bio e noi rispondiamo con un’offerta adeguata soprattutto per quanto riguarda l’estero. Pensi che le catene estere hanno l’abitudine di mappare le aziende bio. Attualmente solo sei marchi sul totale della private label bio che produciamo, sono italiane. Tra queste ‘Scelta Verde bio’ di Despar e “ Bontà dell’orto bio” di Todis. Il 67% del nostro fatturato, per contro, è realizzato all’estero con la prima gamma e pensiamo di portarlo al 70% entro la fine del 2021. Certo ci piacerebbe anche crescere sul mercato nazionale”.
– Quali sono state le referenze che hanno più sofferto durante la pandemia?
“Le ciotole. Hanno perso il 40%. Ma non le molliamo. Dovrà finire prima o poi questa emergenza”.
Mariangela Latella
Nella foto, da sinistra, Raffaella e Cinzia Busana, titolari di L’Insalata dell’Orto, con la manager Sara Menin
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