Imballaggi, 2022 di frenata nel food e beverage

Si prevede un ridimensionamento, nel 2022, per il settore degli imballaggi che, nel comparto alimenti e bevande registrerà peraltro una sostanziale stabilità con un +0,3%. Lo rivela il rapporto quadrimestrale della filiera dell’imballaggio (situazione aggiornata al primo semestre del 2022) appena diffuso. I driver di flessione dipendono dal quadro economico generale che sarà caratterizzato da importanti chiusure dell’attività manifatturiera dove il consumo di imballaggi è più intenso.
Nel rapporto vengono indicati i dati definitivi dell’industria del packaging nel 2021, suddivisi nelle macroaree: food e non food. I quadri evolutivi dei settori manifatturieri sono tratti dalle analisi settoriali elaborate da associazioni di categoria, ISTAT, banca dati dell’Istituto Italiano Imballaggio, Prometeia.
In base alle analisi realizzate da Prometeia sull’andamento dei settori dell’industria manifatturiera, il trend 2022 dovrebbe subire un deciso ridimensionamento. Dopo il +16% registrato nel 2021, il 2022 vede un ritorno a trend più moderati con un tasso di crescita del +1,5%; anzi, alcuni settori registreranno un trend negativo sul finire di anno. Alimenti e bevande chiuderanno appunto con un +0,3%, mentre i beni di largo consumo segneranno un +1,5%.
Gli imballaggi vuoti prodotti in Italia nel 2021 hanno raggiunto le 18.189.000 tonnellate; il fatturato ha superato i 34,7 miliardi di euro (+4,4%). Anche il commercio estero risulta in crescita rispetto all’anno precedente, con un ritmo più frizzante delle importazioni rispetto a quello delle esportazioni: le prime chiudono con un +11,3%, le seconde con un +4,8%.
Gli input alla crescita sono stati vari: oltre che al consueto legame con i trend dei settori utilizzatori, che ha determinato un aumento nella domanda di imballaggi per il confezionamento dei diversi prodotti, si è anche assistito a un forte impulso impresso dal movimento scorte. Per molto tipologie di packaging, nel 2021, è stato infatti necessario ripristinare le scorte a magazzino, dal quale produttori e utilizzatori avevano attinto nel corso del 2020.
In fatto di produzione, tra le diverse tipologie di imballaggi, insieme agli imballaggi di vetro, quelli metallici hanno registrato le prestazioni migliori, ed è proprio in questi settori che il movimento scorte è stato determinante: +20% per i contenitori in alluminio, +5,8% per gli imballaggi in vetro e +5% per quelli in acciaio.
Anche gli imballaggi cellulosici hanno dimostrato di essere in ottima salute, chiudendo il 2021 con una produzione in crescita del 10,5%.
Con la ripresa delle movimentazioni delle merci sia in territorio nazionale che all’estero, anche gli imballaggi di legno hanno registrato un andamento 2021 positivo (+11%). In base alle valutazioni dell’Istituto Italiano Imballaggio, gli accoppiati rigidi a prevalenza carta crescono del 3% mentre i flessibili da converter del 4,1%. Unica nota negativa risulta essere la produzione degli imballaggi di plastica, che chiudono l’anno in calo (-1,9%).
Oltre alla sostituzione acclarata in alcuni comparti della bottiglia di plastica con quella di vetro (bibite), è doveroso notare che quantificare la produzione in tonnellate anziché in numero di pezzi penalizza il settore degli imballaggi in plastica. Inoltre, il ricorso sempre più frequente ai piccoli formati va inevitabilmente a intaccare le tonnellate totali.
Benché tra incertezze e timori generalizzati, nei primi sei mesi del 2022, il nostro Paese ha vissuto una crescita economica importante. Nonostante i rincari dei prezzi, che andranno a intensificarsi nel secondo semestre, l’Italia mostra un tasso di crescita più alto rispetto a Francia e Germania. 
In base alle analisi del Centro Studi di Confindustria, le vere incertezze saranno più evidenti nel secondo semestre dell’anno, con una svolta drastica dello scenario economico che virerà al ribasso. Protagonista assoluto di questa situazione, il rincaro del prezzo del gas, ormai fuori controllo da agosto. Il prezzo medio del gas in Europa nel mese di agosto si assestato sui 236 euro/mwh, registrando un picco pari a 330 euro (nel mese di luglio la quotazione media era di 171 euro). Diversamente, il prezzo del petrolio è sceso a 100 dollari al barile nel mese di agosto, rispetto ai 112 di luglio.
Per quanto riguarda il settore manifatturiero, secondo le analisi di Prometeia, è senza dubbio il conflitto Russo-Ucraino a togliere slancio alla crescita, che si ipotizza si assesterà a un tasso dell’1,5% nel 2022 rispetto al 2021, tasso sempre positivo ma ben inferiore alla previsione precedente che parlava di un +4,9%. A influire in modo negativo sulla situazione sono il rialzo nei costi di approvvigionamento e quello dei costi energetici lungo l’intera filiera produttiva. Tutto ciò determinerà un rallentamento della domanda e degli investimenti. (m.l)

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