Plasma freddo nelle confezioni per estendere la shelf life della IV Gamma attraverso l’ozono

di Giuseppe Rosiello *

I prodotti di IV Gamma si sono affermati nella dieta dei consumatori, soddisfacendo le loro esigenze in termini di qualità, freschezza e contenuto nutrizionale. Tuttavia, non potendo subire trattamenti termici questi prodotti sono caratterizzati da una breve shelf-life, a causa della proliferazione microbica e della graduale perdita delle caratteristiche qualitative, che viene stimolata ulteriormente dalle operazioni di taglio nel processo produttivo.

Una delle attuali sfide del settore è quella di sviluppare tecnologie in grado di estendere la vita commerciale e quindi ridurre gli sprechi, in accordo con gli obiettivi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).

Attualmente alcune soluzioni sono basate su diversi principi chimico-fisici, che non contemplino l’innalzamento della temperatura. Queste tecnologie sono, infatti, classificate come “tecnologie non termiche” con il principale vantaggio di abbattere la carica microbica autoctona senza ledere eccessivamente la loro caratteristica di freschezza. Tra le varie tecnologie non-termiche emergenti il plasma freddo sta suscitando sempre più interesse nel mondo della ricerca essendo una tecnica “green” e a basso costo.

Il plasma è definito come il quarto stato della materia composto da specie ad elevata reattività (ioni, radicali, fotoni e molecole instabili) in grado di interagire con le cellule microbiche provocando un danno permanente alla loro parete cellulare e al DNA. Viene chiamato “freddo” poiché la temperatura di generazione del plasma è inferiore ai 60 °C. I prototipi sviluppati dei generatori di plasma sono numerosi ma sono tutti accumunati dall’utilizzo di tensioni elevate, applicate fra due elettrodi di cui uno ricoperto da un materiale dielettrico.

Le specie reattive che si formano variano in base al gas carrier o alla miscela di gas che si utilizzano in combinazione con la sorgente di plasma; tuttavia, nelle normali condizioni di confezionamento dei prodotti di IV gamma, l’ozono è tra le specie reattive più abbondanti.

Questa molecola è ben conosciuta nelle tecnologie del post raccolta poiché è utilizzata comunemente in combinazione alla frigoconservazione a basse dosi (1-5 ppm di ozono residuo) per tempi prolungati, al fine di preservare la qualità dei prodotti ortofrutticoli. Alcuni prodotti, però, permangono per brevi tempi nelle celle frigorifere, non permettendo all’ozono di esplicare la sua azione antimicrobica, considerando anche che, se non correttamente gestito può essere tossico per gli operatori che lavorano negli impianti frigoriferi.

In questo contesto l’Unità di Ricerca in Tecnologie Postraccolta dell’Università di Foggia, con la determinate collaborazione di SAIM Impianti s.r.l., sta sviluppando e testando un device per la generazione del plasma freddo direttamente all’interno degli imballaggi dei prodotti di quarta gamma, utile a produrre l’ozono in elevate concentrazioni nello spazio di testa delle confezioni. La ricerca rientra nel progetto POFACS “Conservabilità, qualità e sicurezza dei prodotti ortofrutticoli ad alto contenuto di servizio”, che ha unito diversi enti pubblici e 9 aziende private, con l’obiettivo di innovare il settore della IV Gamma.

I risultati di questa ricerca saranno presentati in dettaglio in una sessione speciale di FRESH-CUT 2024 la “5th International Conference on Fresh-Cut Produce”.

L’obiettivo più ambizioso della ricerca è quello di creare elevati livelli di ozono nello spazio di testa della confezione, con tempi di trattamento dell’ordine dei secondi, e sviluppare una tecnologia utilizzabile in linea nelle aziende produttrici di prodotti di IV gamma, in grado anche di ridurre la probabilità di contaminazioni crociate.

Nelle prove preliminari il prototipo è stato utilizzato per abbattere la carica microbica di uva da tavola confezionata in polietilene a bassa densità. Sono stati raggiungi livelli di ozono residuo compresi tra 300 e 1000 ppm nello spazio di testa della confezione, esponendola al plasma per un periodo che va da 3 a 10 secondi. I frutti sono stati poi conservati in cella frigorifera utilizzando una temperatura di conservazione pari a 0°C.

Complessivamente il trattamento è stato efficace nel rallentare lo sviluppo microbico, in particolare di muffe e lieviti, responsabili delle principali cause di deperimento dell’uva, senza però influenzare eccessivamente le caratteristiche chimico-fisiche, fisiologiche e sensoriali del prodotto.


Al momento sono in fase di valutazione gli eventuali effetti collaterali che il trattamento potrebbe aver causato sul prodotto, dal momento che l’ozono è una molecola fortemente ossidante e potrebbe ridurre la qualità nutrizionale dei prodotti andando a degradare i composti facilmente ossidabili come i polifenoli, o influire sul colore degli organi verdi alterando le molecole di clorofilla. Sono inoltre in corso di approfondimento gli effetti di tale trattamento sul materiale plastico di confezionamento.

L’ottimizzazione delle condizioni operative in relazione alla tipologia di prodotto, e quindi alle principali cause di perdite postraccolta ad esso associate, nonché alle proprietà fisiche e tecnologiche dei materiali da imballaggio, potrà sicuramente portare a condizioni di trattamento non solo è in grado di ridurre la carica microbica all’interno delle confezioni, senza effetti collaterali significativi, e al tempo stesso stimolare il metabolismo fenolico, incrementando ulteriormente il valore nutrizionale dei prodotti ortofrutticoli.

Sebbene i risultati siano promettenti, il plasma freddo è ancora una tecnologia emergente e gli studi sull’impatto sulla qualità degli alimenti e sulla sicurezza del trattamento sono ancora limitati. Tuttavia, l’elevato interesse dei consumatori per i prodotti ad elevato contenuto nutrizionale e i bassi costi della tecnologia, rendono il plasma freddo una tecnologia interessante per la fase post-raccolta di frutta e ortaggi.

*Università di Foggia

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