Più frutta, meno junk food: la Gran Bretagna punta sul cibo sano

Il Governo britannico ha presentato a fine giugno 2025 i nuovi standard per il cibo sano, all’interno del 10 Year Health Plan, un piano per la salute pubblica che coinvolge anche supermercati e produttori. Si tratta di un programma – scrive Roberto La Pira su Il Fatto Quotidiano – che coinvolge direttamente tutti gli operatori invitandoli a incrementare l’assortimento dei prodotti alimentari ‘sani’ e trovare il modo per incentivarne gli acquisti da parte dei consumatori.

Il Regno Unito affronta una crisi sanitaria seria legata all’obesità e da anni ha impostato politiche di salute pubblica per cercare di arginare il fenomeno. I numeri sono chiari, il Regno Unito è il terzo Paese europeo per tasso di obesità adulta, e i casi, tra adulti e bambini, sono raddoppiati dagli anni ’90. Più di un bambino su cinque, infatti, risulta obeso al termine della scuola primaria, mentre la percentuale sale a quasi uno su tre nelle aree più povere. Secondo il Segretario di Stato per la Salute e l’Assistenza sociale tutto ciò comporta una spesa di 11,4 miliardi di sterline l’anno, pari a tre volte il budget dei servizi di ambulanza.

Il cibo sano costa il doppio
Uno degli scopi del piano – si legge ancora nell’articolo – è cercare di contrastare il marketing delle grandi aziende e delle catene di fast food che spingono i consumatori verso il cibo ultra processato e il junk food, attraverso una politica di prezzi molto aggressiva, come denunciato dalla Food Foundation, un’associazione no profit britannica che mira a cambiare il sistema agroalimentare. Secondo il report The Broken Plate 2025, 1.000 calorie di cibo sano (frutta, verdura, altri alimenti freschi) costano in media 8,80 sterline, contro 4,30 sterline per lo stesso apporto calorico di cibo meno salutare (piatti pronti, carni lavorate, junk food).

Alcuni esperti di sanità pubblica ritengono che con 50 calorie in meno al giorno 340 mila bambini e 2 milioni di adulti uscirebbero da una condizione di obesità. Se invece tutti coloro che sono in sovrappeso riducessero il loro apporto calorico di 216 calorie al giorno, equivalenti a una singola bottiglia di bevanda gassata, l’obesità sarebbe dimezzata.

Cosa possono fare i supermercati?
Il Segretario alla Salute del Regno Unito invita i supermercati ad agire sulla disposizione dei prodotti, sulle promozioni e sulle carte fedeltà per indirizzare le scelte dei consumatori. Le iniziative non sono lasciate al caso, ma devono essere documentate attraverso rendiconti pubblici previsti da un’apposita modulistica. Importanti catene come Tesco e Sainsbury’s hanno accolto positivamente l’invito.

Tesco, ad esempio ha fissato come obiettivo il 65% delle vendite di prodotti sani entro fine 2025, rispetto al 58% del 2021/22. Un’altra misura rilevante è la riformulazione dei prodotti a marchio, con la riduzione del contenuto di sale, zuccheri e grassi, e la creazione all’interno del punto vendita di aree, denominate Better Baskets, dove si vendono solo prodotti salutari snack sotto le 100 kcal, prodotti ricchi di fibre/proteine, con offerte dedicate o garantire frutta e verdura stagionali a prezzi ridotti.

Anche la catena Sainsbury’s è molto attiva. L’82% delle vendite di prodotti a marchio riporta l’etichetta Healthy Choice, e si arriverà all’85% nel 2025/26. I supermercati della catena propongono promozioni specifiche su frutta, verdura e alimenti salutari tramite offerte multibuy e attraverso le carte fedeltà.

Il modello UK dimostra che politiche soft, ma strutturate, se applicate su larga scala, possono condurre a un cambiamento reale nei comportamenti d’acquisto. Con risultati quantificabili, non solo per la salute ma anche per il sistema sanitario. È una sfida concreta anche per l’Italia: bastano volontà politica, dati condivisi e collaborazione attiva con la grande distribuzione.

La situazione italiana
Da noi però – prosegue Il Fatto Quotidiano – la situazione è bel lontano dagli schemi britannici. Mancano soprattutto: trasparenza, obiettivi verificabili e una regia istituzionale. La distinzione fra alimenti salutari e gli altri è inesistente. Le promozioni su frutta e verdura sono poco diffuse rispetto agli altri prodotti e l’etichettatura è poco chiara. In compenso vanno in onda ogni giorno spot di hamburger di pollo o di manzo da 500 calorie e menù con patatine e Coca-Cola a pochi euro che inevitabilmente attirano decine di migliaia di giovani. Le pubblicità di snack poi praticamente monopolizzano il palinsesto televisivo, con Ferrero che destina milioni per promuovere decine di suoi prodotti. Da noi le istituzioni sono sorde a qualsiasi politiche di orientamento nutrizionale.

 

 

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