Anche secondo il Rapporto COOP 2018 – un contenitore molto ben curato sulle tendenze dei consumi nel nostro Paese – è il ready-to-eat il fenomeno alimentare del momento. Nello studio, presentato il 7 settembre a Milano, si legge che “non è un caso che tra i carrelli, il pronto faccia registrare un +6% e che l’e-food sia sempre più un’alternativa diffusa tra gli italiani. Solo nei primi tre mesi del 2018, 3,5 milioni di italiani (+80% rispetto al 2017) è ricorso al food delivery, mentre l’online alimentare registra un balzo in avanti di un +34% nei primi sei mesi dell’anno”.
Modernità che va ancora una volta di pari passo con la tradizione, il senso di appartenenza che continua a indirizzare i consumatori italiani verso prodotti italiani (+3%), privilegiando i piccoli brand (+4,3%) alla grande marca. Solo l’apposizione della scritta “100% italiano” fa schizzare le vendite di un +9%.
Nel carrello della spesa gli italiani mettono meno cioccolato, zucchero raffinato, burro, merendine e panna da cucina, privilegiando gli acquisti di frutta e verdura (+8,6% la crescita a volume dell’ortofrutta confezionata), di pane e di cereali.
Il salutismo, trend vincente degli ultimi anni a tavola, mostra però i primi segni di rallentamento. Il carrello della salute cresce ancora nel primo semestre di un +2,3% (ma era il +5% nel 2017) e le sue singole componenti evidenziano andamenti diversi: il senza glutine segna un +1% nell’ultimo anno (ma tra 2014 e 2018 era cresciuto di ben 15 punti percentuali), il dietetico è sostanzialmente fermo mentre calano le vendite dei sostituti delle proteine animali (seitan -0,3%, tofu -0,5%, pasta di kamut -1,1%). E “ persino tra i veg&veg, che fino a poco tempo fa sembravano dominare il panorama dei trend a tavola, compaiono i primi pentiti: a fronte di un 8,3% che dichiara di esserlo, il 9,7% afferma di esserlo stato e di averci rinunciato” rivela ancora il rapporto.
Allo stesso tempo continua la crescita del senza lattosio (+6%) e dei prodotti biologici, che crescono ancora a doppia cifra e sono oramai nelle dispense di quasi tutte le famiglie italiane.
Interessante lo scenario generale che viene presentato nel Rapporto. Nel mondo globalizzato si avvicinano le sorti dei Paesi emergenti e di quelli già industrializzati, ma aumentano sempre più le distanze sociali interne e tornano a fare capolino istanze del passato (il neo-protezionismo commerciale e migratorio, la protesta antisemita, vecchi e nuovi populismi) a fianco di minacce già conosciute e sempre più urgenti (la sovrappopolazione e i cambiamenti climatici). L’Italia è un caso emblematico: dopo quasi 5 anni, la sempre più lenta ripresa (+1,2% la variazione attesa del PIL nel 2018 contro 1,5% effettivo del 2017), va a vantaggio di pochi, non risolleva le sorti della classe media e addirittura spinge ancora più in basso le condizioni delle famiglie in maggiore difficoltà. In sostanza chi è povero rimane tale: il 62% degli italiani che si trova nel 20% inferiore nella distribuzione del reddito è tale anche dopo 4 anni, una percentuale superiore di 5,5 punti percentuali rispetto alla media dei 36 Paesi Ocse.
Da premesse simili arrivano dati non incoraggianti sui consumi. L’Italia del 2017 resta il fanalino di coda in Europa con una riduzione dei consumi delle famiglie rispetto al 2010 di oltre il 2% (-2,2%) a fronte di un solido +12,7% tedesco, di un +10,2% francese e di una sostanziale stabilità spagnola (0,1%). E anche nell’ultimo anno il dato italiano (+0,7%) è il più basso tra le grandi economie europee. Le famiglie benestanti spendono 4 volte di più rispetto a quelle con bassa capacità di spesa e tra una famiglia trentina e una calabrese il differenziale all’anno è pari a 17 mila euro.
Polarizzati e divisi, gli italiani adottano comportamenti diversi a seconda delle disponibilità economiche, ma anche del luogo in cui vivono, dell’età e dell’occupazione che hanno, del livello di istruzione e del loro stesso approccio alla vita. Ma in fatto di cibo gli italiani confermano la loro indiscutibile supremazia. Primi per spesa alimentare in Europa e nel mondo (19% la quota di spesa destinata a cibo e bevande, il massimo dell’ultimo decennio), sono stati anche precursori verso una dieta bilanciata e salubre e ancora oggi privilegiano gli acquisti di frutta e verdura (+ 8,6% la crescita a volume dell’ortofrutta confezionata), pane e cereali rinunciando sempre più a zuccheri e grassi.
“I consumi pro capite degli italiani oggi sono pari a quelli degli statunitensi nel 1993″, osserva Albino Russo, direttore ANCC-COOP, anche se non mancano le eccezioni. Come i consumi a maggiore valore e servizio aggiunto – viaggi, comunicazioni, ristoranti, cultura e intrattenimento -, non a caso la tipologia di acquisto più ricercata dagli ‘esploratori’ (quel 17% di italiani tra i 18 e i 65 anni che incarnano la società postmoderna, hanno reddito e istruzione elevata, viaggiano e amano sperimentare le novità). Sono soprattutto loro che, negli ultimi anni, hanno sostenuto la crescita di nicchie come quella salutistica o vegetariana/vegana, ma anche il boom del meal delivery e dei piatti pronti.
Il presidente di COOP Italia Marco Pedroni avverte che il 2018 si è aperto con una staticità nelle vendite di prodotti di largo consumo confezionato, che segnano appena un +0,1% nel complesso della GDO, con un calo dello 0,8% degli iper e supermercati e un ulteriore rafforzamento dei discount (+4,3%). “È ancora necessario sostenere i consumi – ha affermato a Milano Pedroni -. Per questo chiediamo con forza al governo di non aumentare l’IVA”.