L’autorevole Science Daily (sito da oltre 5 milioni di visite al mese) ha recentemente riferito i risultati di uno studio tedesco condotto da un team di ricercatori guidato dalla professoressa Kornelia Smalla, del Julius Kühn Institute, in collaborazione con l’Università di Giessen e l’Università dell’Idaho sui batteri resistenti agli antimicrobici sulle piante (pubblicato integralmente nel numero di ottobre della rivista specializzata mBio). Lo studio mette in guardia su alcuni rischi connessi al consumo delle insalate preconfezionate e confezionate.
Sul caso Fresh Cut News ha intervistato il microbiologo agrario bolognese Fausto Gardini che su questo temi ha dedicato una grande attenzione. Ecco le sue dichiarazioni.
“Che alcuni alimenti possano essere una fonte di propagazione di microorganismi caratterizzati da profili di antibiotico resistenza non è una novità. Si è spesso fatto riferimento a prodotti di origine animale per i quali esiste una consistente letteratura in merito. Tuttavia è noto che anche i vegetali possono essere serbatoio di resistenza. Un gruppo di ricercatori (di cui faccio parte) ha recentemente sottomesso al Ministero un progetto (in corso di valutazione) in cui si dà ampio spazio allo studio di questo problema. Peraltro va rilevato come i dati in questo senso siano ancora scarsi. Tutte le insalate (e i vegetali in genere) sono caratterizzate da una carica microbica che viene dal suolo e dalle condizioni colturali, oltre che dalle operazioni in post-raccolta. Nel caso della IV Gamma il problema assume diverse connotazioni legate alle operazioni di taglio che forniscono nutrimento ‘facile’ per i batteri che riescono a moltiplicarsi raggiungendo al momento del consumo concentrazioni piuttosto elevate, nell’ordine di diversi milioni per grammo di prodotto, aumentando in questo modo il rischio di diffusione dei geni dell’antibiotico resistenza”.
“Quindi – prosegue il prof. Gardini – in qualche modo la criticità è nota, anche se i dati a disposizione sono ancora relativamente pochi. Ovviamente non esiste la bacchetta magica per risolvere il problema. Che la proliferazione microbica sia la più importante causa ‘naturale’ del decadimento delle insalate di IV Gamma è un dato di fatto. Su come orientare questa crescita verso gruppi microbici meno preoccupanti e comunque più rassicuranti non partiamo da zero. Le strategie esistono. Vanno però studiate a fondo e trasferite a livello tecnologico. Questo richiede molto lavoro e finanziamenti destinati alla ricerca sia per comprendere l’esatta dimensione del problema (i dati disponibili per la IV Gamma sono molto più frammentari di quanto si possa credere se pensiamo alla loro diffusione) sia per intervenire a contrastarlo”.
Chiara Brandi