La scelta coraggiosa di Macfrut apre la strada alla fiera del futuro

Un esserino infinitamente piccolo, appartenente a una grande famiglia di parassiti, i virus, comparsi nelle prime cellule batteriche oltre 3 miliardi e mezzo di anni fa e da allora presenti un po’ dappertutto dove c’è vita, ha sconvolto in pochi mesi l’interazione tra gli uomini in quasi tutto il mondo. Inevitabile che le fiere pagassero uno scotto pesante all’emergenza provocata dal Coronavirus, ognuna reagendo a modo suo. La scelta più coraggiosa, in Italia, ma si può dire anche in Europa, l’ha compiuta Macfrut, non posticipando, non rinviando al 2021, ma cambiando pelle e trasformandosi in fiera digitale.

Cosa ci possiamo aspettare da questo “Macfrut goes Digital”, al di là di quanto riferito ieri dal presidente Piraccini, da Cecilia Marzocchi dell’ufficio estero e dai molti intervenuti alla conferenza di presentazione, giustamente in un clima di grande attenzione per una iniziativa pionieristica e per molti versi sperimentale, è presto per dirlo. Macfrut ha più di tre mesi per oleare i meccanismi di un progetto già peraltro delineato in ogni sua parte, per promuoverlo e verificare l’interesse concreto delle diverse professionalità ed aziende che fanno di una fiera, fisica o digitale che sia, una fiera. Poi ci sarà la sfida cruciale di quei tre giorni, dall’8 al 10 settembre, di quelle ore, dalle 9 alle 18 di ogni giorno, che saranno il vero banco di prova per la piattaforma digitale del nuovo Macfrut, che non solo dovrà funzionare bene, con la semplicità promessa, ma anche essere efficace, attrattiva, coinvolgente, viva come una fiera fisica, dove non è il business ma sono le relazioni, i saluti, gli incontri anche occasionali a fare da padroni. Questa però non sarà solo la sfida di Macfrut ma anche del sistema dell’ortofrutta italiana che gli sta dietro, che dovrà crederci e prepararsi ad essere attrattivo e convincente nei confronti di buyer internazionali a cui bisogna far riscoprire l’Italia.
C’è una cosa che si deve dire oggi: Renzo Piraccini & C. hanno compiuto non solo la scelta più coraggiosa ma anche la scelta più intelligente che potessero fare. Se la carta che hanno giocato è un asso, sarà non solo la fortuna di Macfrut ma anche un esempio per tutti.
Per dire le cose fino in fondo, c’è un altro, un solo altro esempio al mondo di fiera digitale per il settore ortofrutta ma è al di là dell’Atlantico, anzi sulle sponde del Pacifico e svolgendosi nella settimana del 15 giugno, permetterà a Macfrut di studiare quella esperienza e trarne, in tempo utile, eventuali insegnamenti. Si tratta di United Fresh Live!, voluta dall’associazione statunitense del settore ortofrutticolo, che sostituisce in versione digitale la fiera fisica che si sarebbe dovuta tenere a San Diego dal 16 al 19 giugno. Anche a San Diego tutti i partecipanti potranno registrarsi gratuitamente per connettersi con clienti e fornitori, creare interazioni e contatti, scegliere se rispondere o meno ai messaggi che riceveranno.
Altre fiere hanno preso il risico di confermare (Fruit Attraction) o di posticipare (Asia Fruit Logistica) le loro date tra ottobre e novembre, consegnando il proprio destino nelle mani dell’imprevedibile, oggi, andamento dell’epidemia.
Poi c’è Cibus, che è stata riprogrammata al prossimo anno, dal 4 al 7 maggio 2021, a 10 giorni e a 130 chilometri di autostrada dall’altra fiera italiana del settore alimentare (Tuttofood, Milano, 17-20 maggio 2021) per cui vedremo come andrà a finire (ma, certo, non solo in Italia, anzi soprattutto all’estero, aziende e professionisti si chiederanno come queste cose possano accadere e perché). Anche Parma, con il supporto di Federalimentare, ha predisposto una piattaforma digitale, My Business Cibus (www.mybusiness.cibus.it), la cui efficienza e utilità, dovendo essere operativa da ieri,12 maggio, potranno presto essere giudicate.
Ma torniamo a Macfrut Digital. L’iniziativa è un primo stacco rispetto ad una tradizione e ad una formula, fondata economicamente sulla vendita a metro quadro degli spazi espositivi, che si perpetua per le fiere, solo con qualche variante, dall’immediato dopoguerra, da sessant’anni, dai tempi del primo boom economico. È vero, ci sono fiere che vanno ancora a gonfie vele, crescono e si moltiplicano in varie parti del mondo, perché rappresentano opportunità imprescindibili per intere filiere economiche. Ma forse occorre cominciare a chiedersi quanto ancora durerà questo trend e farsi delle domande sul futuro più o meno prossimo, analizzando il rapporto costi-benefici per le aziende e per le stesse organizzazioni fieristiche.
Questo è un tempo molto adatto alla riflessione e all’innovazione che ne può conseguire. La pandemia potrebbe essere l’acceleratore di un grande cambiamento.

Antonio Felice

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