La Commissione Europea ha presentato una proposta di Regolamento per vietare l’uso di termini come “bistecca”, “prosciutto” o “salsiccia” sui prodotti vegetali. Un tuffo nel recente passato quando, con la legge 172/2023, il governo italiano ha voluto mettere il veto alle denominazioni di carne sui prodotti trasformati di origine vegetale (il cosiddetto meat sounding). Una legge che ha suscitato molti mal di pancia, rimasta inapplicata perché mancante dei decreti attuativi e perché antagonista al diritto europeo.
“Certo è assai strano – dice Massimo Santinelli fondatore e CEO della goriziana Biolab, tra le prime aziende italiane di prodotti a base vegetale – che mentre sia in Europa sia in Italia si continui a parlare di transizione ecologica e a chiedere ai cittadini comportamenti più responsabili e sostenibili, a partire dalle scelte alimentari, poi la stessa Commissione voglia affossare un settore che rappresenta, a oggi, l’unica alternativa valida al consumo di proteine animali. Prendendo dunque a picconate, non solo tutti i migliori propositi di proteggere l’ambiente e contrastare il cambiamento climatico attraverso la riduzione degli allevamenti intensivi, ma anche le nuove propensioni al consumo nonché un settore imprenditoriale in continua crescita e lo stesso settore agricolo visto che le materie prime del plant based arrivano tutte da lì”.
A confermarlo il nuovo rapporto di Circana una società di analisi di mercato, analizzato dall’organizzazione no profit Good Food Institute Europe, nel quale sono stati studiati gli andamenti di cinque tipologie di prodotti a base vegetale: sostituti della carne, latte, formaggi, yogurt e panna.
In generale, il mercato al dettaglio italiano delle cinque categorie di alimenti è stato valutato in 639 milioni di euro nel solo 2024 e Il volume complessivo delle vendite ha registrato un aumento del 6,9% in due anni. Il latte resta il prodotto vegetale preferito, rappresentando il 50,7% del mercato (nel 2024), ma sta crescendo molto il mercato dei sostituti vegetali della carne, il cui valore di vendita è stato di 228 milioni di euro nel 2024 con una variazione del 29,5% dal 2022 al 2024.
Un trend confermato da un’altra indagine sui consumi alimentari realizzata dal CREA nel 2023, secondo la quale gli italiani, pur rimanendo ancora affezionati alla carne rossa processata, stanno velocemente cambiando abitudini. Sempre in quel rapporto, infatti, si legge che il 51% ha ridotto il consumo di carne per questioni ambientali, mentre l’11% non la consuma affatto.
Altri dati, provenienti dal progetto europeo SMART Protein rivelano che nel 2024 il 59% degli italiani ha ridotto il consumo di carne animale, principalmente per motivazioni legate alla salute e alla tutela dell’ambiente. Si tratta della percentuale più alta tra i paesi presi in esame. L’Italia, inoltre, è in testa alla classifica anche quando si tratta di consumo e accettazione delle proteine di origine vegetale.
“Un segnale – dice Santinelli – che i consumatori italiani sono più avanti della politica e sempre più consapevoli di quanto le loro scelte alimentari incidano su ambiente, clima e salute. Ci auguriamo che il Parlamento Ue rigetti la proposta della Commissione e che rimanga coerente con gli intenti annunciati di transizione sostenibile e di benessere animale. In questa ottica, facilitare il passaggio dal consumo di carne ai prodotti a base vegetale ci sembra un atto dovuto”.