Concimazioni e IV Gamma. Livia Vittori: possibili soluzioni ad hoc

Il depauperamento del suolo, con perdita di biodiversità, è una delle minacce più gravi legate all’agricoltura  intensiva. Il 21,3% dei suoli in Italia è a rischio di desertificazione (41,1% al Centro e al Sud). Il contenuto di sostanza organica – necessario nutrimento dei microrganismi presenti nel terreno –  è sceso sotto la soglia del 2%, ritenuta indispensabile per assicurare una buona fertilità, e in molti casi non raggiunge nemmeno l’1%. Si tratta di una minaccia seria, talvolta sottovalutata, e spesso causa di pesanti polemiche tra chi difende la necessità di salvare la biodiversità del suolo e chi, in nome di una maggior sicurezza alimentare, vorrebbe inibire l’utilizzo del letame in agricoltura.

“È chiaro che la sostanza organica utilizzata per la concimazione dei suoli debba essere trattata, per esempio con l’utilizzo di ammentanti, e stabilizzata per ridurre al massimo la possibilità di contaminazione da eventuali patogeni. È tuttavia altrettanto vero che il suolo è un ecosistema a sé stante in grado di rispondere positivamente ai pericoli. L’Escherichia Coli vi sopravvive appena 3 giorni, sebbene possa arrivare a 10 in condizioni di maggior umidità”, ha spiegato a Fresh Cut News la professoressa dell’Università di Bologna Livia Vittori Antisari. “L’utilizzo di letame e digestati comporta sicuramente dei rischi – precisa la ricercatrice -, per questo è necessaria una giusta taratura in base alla tipologia di coltivazione. Anche nel caso della IV Gamma sarebbe possibile trovare soluzioni ad hoc, tenendo presente che si tratta di produzioni a ciclo continuo, attraverso la collaborazione tra pedologhi e chimici agrari da una parte e produttori e filiera di produzione dall’altra”.

“Il problema legato alla sicurezza delle produzioni agricole – conclude la professoressa Vittori – non si limita al suolo; se apriamo questo capitolo dobbiamo valutare anche la qualità dell’acqua per l’irrigazione. Non esiste una legislazione specifica, se non nel caso delle acque reflue, ma nelle acque di canale sono normalmente presenti gli stessi microrganismi patogeni, con la differenza che, come già sottolineato, nel suolo non riescono a sopravvivere per più di qualche giorno”.

Chiara Brandi

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