Ho riletto con un poco più di attenzione (non che la meritasse) l’articolo (non firmato) del quotidiano che parlava di una (fantomatica e per ora irrintracciabile) indagine dell’Università di Torino (non citati gli autori e nemmeno la rivista o il sito che la avrebbe pubblicata). A occhio e croce l’articolo andrebbe collocato fra i casi di giornalismo raffazzonato, allarmista, poco documentato, forse ‘marchettaro’: l’unico dato certo della non certo magistrale opera è infatti la pubblicazione del nome commerciale di un noto preparato a base di ipoclorito di sodio, ben noto a chi fa i lavori domestici. A prescindere da ogni considerazione deontologica e forse anche dall’effimero risultato riportato da chi lo ha scritto (una pizza e una birra?) la cosa indica al settore un pericolo certo. Il settore del fresh cut italiano è in crescita, è forte, riporta risultati economici, tecnici e anche sociali (si pensi agli occupati) di grande rilevo. Quindi è esposto. Esposto al pericolo del ludibrio da parte dei competitori senza scrupoli, degli invidiosi, dei semplici stolti. Negli ultimi tempi non sono pochi i casi di fake news confezionate ad arte che hanno danneggiato seriamente interi settori. Oggi bisogna difendersi dalla cattiva informazione come ci si difende dai virus che danneggiano i sistemi informatici: prevenendoli e preparando piani di pronto intervento per le emergenze comunicative. Piani che possono e devono essere elaborati collettivamente. Perché, state pur certi, quando c’è il successo gli imbecilli arrivano. A frotte.
Duccio Caccioni
coordinatore di Fresh Cut News