La GFSP, Global Food Safety Partnership, chiude bottega dopo dieci anni. Con la sua chiusura vanno in malora, almeno per ora, i progetti di un indice di sicurezza alimentare globale e di una piattaforma per mettere in rete tutti i centri di ricerca che si occupano di food safety situati nei Paesi in via di sviluppo.
La GFSP era stata istituita nel 2012, a seguito di un accordo tra la Banca mondiale e la Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC) per guidare la formazione sulla gestione della sicurezza alimentare globale. Tra gli sponsor, che annualmente, fino alla sua chiusura, hanno donato tra l’uno e i due milioni di euro l’anno, figurano USA, Olanda, Danimarca, Canada, Nuova Zelanda, Singapore, Food Industry Asia, Walmart, Cargill, Mars Inc. e Waters Corporation.

Il primo obiettivo della GFSP era un indice che avrebbe fornito uno strumento descrittivo di misurazione univoco per la sicurezza alimentare globale. Un’iniziativa che non è mai stata perseguita concretamente sempre a causa della mancanza di fondi. Un rapporto del 2019 ha rilevato che il cibo non sicuro costa alle economie a reddito medio e basso 110 miliardi di dollari l’anno in termini di perdita di produttività e spese mediche. Secondo il rapporto, gran parte dell’onere sanitario ed economico del cibo non sicuro può essere evitato attraverso misure preventive, investimenti e cambiamenti comportamentali dalla fattoria alla tavola.
Nel 2018 la GFSP aveva commissionato un rapporto per comprendere meglio il panorama della sicurezza alimentare in Africa, inclusi i livelli di investimento in questo settore. Uno dei risultati è stato che gli investimenti degli sponsor rivolti all’Africa subsahariana sono serviti in gran parte per l’accesso ai mercati di sbocco e sulle esportazioni regionali e d’oltremare. L’ultimo evento della GFSP è stato tenuto quest’anno a giugno, prima della chiusura e si trattava di una webinar che, per beffa del destino, celebrava la seconda Giornata mondiale della sicurezza alimentare.
Mariangela Latella