Come abbattere i costi del vertical farming. Ci ha pensato Zero Farms

Zero Farms è un progetto relativamente giovane, nasce nel 2018, e promette di sdoganare tutti i tabù del vertical farming, a cominciare dai costi. È una storia tutta friulana nata come frutto di una sorta di brain storming di cervelli provenienti da diversi settori. Amici o colleghi di lunga data, specializzati in ingegneria, biologia molecolare, finanza, agronomia ecc., che si sono messi a tavolino ed hanno fondato la società Zero con un team iniziale di 22 soci fondatori. Ma il numero può crescere.
“Abbiamo puntato a costituire un’azienda con una compagine societaria di tipo industriale e non finanziaria – ci spiega Daniele Modesto (nella foto), uno dei fondatori nonché Ceo di Zero Farms -, questo perché, almeno in questa prima fase, le logiche della finanza cozzano con quelle dello sviluppo di una produzione che ha bisogno dei suoi tempi. L’idea di entrare in questo business mi è venuta nel corso della mia visita all’Expo di Milano dove era esposto un prototipo di serra verticale. La sfida, allora, era di sviluppare progetti che fossero sostenibili economicamente. E noi l’abbiamo raccolta”.

Daniele Modesto

Per abbattere tutti i costi che segnano la differenza tra l’agricoltura in serra tradizionale ed il vertical farming, Zero Farms ha sviluppato nei propri laboratori, ogni singolo componente della serra. Dai pannelli alle lampade LED, di modo da ottimizzare i costi di investimento iniziale e, grazie ad un mix brevettato di intelligenza artificiale ed uso intelligente dei LED, oggi riesce a sviluppare serre verticali in grado di produrre il 400% in più di baby leaf, microgreen e ortaggi a foglia rispetto alle tradizionali serre. Sta inoltre testando la coltivazione di berries e pomodoro. A questo si aggiunga l’abbattimento del 75% della manodopera con l’introduzione dell’intelligenza artificiale sia per operazioni più semplici come la movimentazione del prodotto, che quelle più complicate come il controllo delle ricettazioni. Il risparmio dell’acqua è abbattuto del 95% e grazie al sistema di coltivazione in aerofloating, si abbatte anche il consumo di fitofarmaci e si riduce del 50% l’uso dell’energia rispetto alle altre serre verticali.
“Oltre a costruire le lampade a LED che fanno parte dei brevetti del progetto, abbiamo trovato – precisa Daniele Modesto – un modo particolare di usarle che permette di concentrare la luce solo sui bisogni delle piante ed evitare lo spreco. Il nostro obiettivo sui costi dell’investimento è farli arrivare a costare, raggiunto un certo livello di sviluppo delle economie di scala, quanto l’installazione delle serre tradizionali più costose che viaggiano sui 500 euro per mq. Una sfida importante se si pensa che, attualmente, il costo medio delle serre di vertical farming si aggira intorno ai duemila euro/mq”.
Il progetto di Zero Farms nasce su spinta di un socio russo che vuole costruire nel suo Paese tre impianti con la tecnologia Zero Farms. Il primo impianto sarà finito entro l’estate e, nel piano di sviluppo, ne sono previsti altri due. “Per lo sviluppo italiano, prevediamo di costruire complessivamente tre hub produttivi. Oltre a quello del Nordest, ce ne sarà anche uno nel Nordovest e uno nell’Italia centrale per arrivare ad una produzione italiana che partendo dall’attuale produzione di circa 30 tonnellate l’anno arriverà a tremila tonnellate l’anno. Per farlo useremo solo edifici industriali dismessi, capannoni comunque classici e che sono esempio di degrado urbano di matrice industriale. In qualsiasi posto possiamo adattare i nostri moduli di hardware e software che si chiamano Architettura Modulare Zero”.
In fase di sviluppo anche alcuni mercati esteri, con impianti in costruzione in Svizzera, in Medioriente e nei Caraibi dove, in particolare, è all’attivo un progetto riservato all’approvvigionamento di piccole comunità. Progetto che potrebbe rappresentare il primo di una serie di iniziative analoghe per rendere indipendenti dal punto di vista alimentare, i piccoli agglomerati che vivono nelle periferie del mondo.
Dallo scorso 11 marzo sono già vendita le prime insalate a marchio Zero Farms, distribuite nei supermercati Eurospesa del Gruppo Dado SpA in Veneto e Friuli Venezia Giulia. I prodotti con cui l’azienda ha scelto di fare il suo ingresso nel mercato italiano sono insalate mono-varietali (rucola, gentile, crespa, kale), mix di insalate (la creativa, la balsamica, l’amarognola, la piccante), erbe aromatiche (il basilico, il coriandolo, l’erba cipollina) e 15 varietà di microgreen, tutti coltivati nel sito produttivo di Pordenone. Sono caratterizzate, fra l’altro, da una vita a scaffale maggiore rispetto ai prodotti convenzionali o da agricoltura biologica, dato che sono confezionati immediatamente dopo la raccolta, senza essere sottoposti allo stress del lavaggio industriale.
Nel frattempo, l’azienda lavora allo sviluppo della coltivazione di fragole, fragoline di bosco e pomodori ciliegino e al potenziamento delle proprie attività nel Nordest e nel Nordovest con l’obiettivo di espandere progressivamente la capacità installata e superare le tremila tonnellate l’anno di prodotto nei prossimi 24 mesi. Un’operazione di scale up che permetterà di ottimizzare i costi e passare dai 17 euro al chilo a scaffale al prezzo più calmierato con cui oggi si vende un prodotto biologico.
La tecnologia di coltivazione messa a punto dal team tutto italiano di Zero consente di evitare completamente l’utilizzo della terra o di altri substrati e di fare ricorso ai pesticidi. Ogni passaggio e ogni evento del ciclo produttivo, dal seme alla confezione, è tracciato in maniera puntuale.
Mariangela Latella

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