Regolamento imballaggi, levata di scudi e incontri con gli eurodeputati: “Impatto devastante”

Regolamento imballaggi UE, è levata di scudi: Ortofrutta Italia, l’interprofessione di settore, richiama a una forte mobilitazione politica.

“La proposta di regolamento PPWR, licenziata dalla Commissione Ambiente del Parlamento Europeo lo scorso 24 ottobre, cosi come presentata, andrebbe ad impattare negativamente su uno dei comparti di eccellenza del nostro Paese, l’ortofrutta, che costituisce il 25% di tutto il settore agricolo nazionale con i suoi 14 miliardi di valori espressi dalla sola produzione, senza contare il valore aggregato al consumo”, esordisce Massimiliano Del Core, presidente dell’OI“Per sua natura l’ortofrutta ha bisogno di un packaging efficace, che garantisca qualità e preservi le caratteristiche organolettiche, l’igiene e la conservabilità del prodotto, evitando così lo spreco alimentare”.

Se il regolamento passasse così come è scritto adesso, si prefigurerebbe uno scenario in cui ci sarebbero maggiori costi ed enormi difficoltà per assicurare la qualità dei prodotti freschi e freschissimi sugli scaffali, oltre a un probabile aumento del food waste e minori consumi di ortofrutta. A subire i danni peggiori insomma – continua Del Core – sarebbe la nostra filiera, che tra l’altro già da tempo si impegna concretamente nella direzione della sostenibilità tanto nelle tecniche produttive a basso impatto ambientale, quanto nell’utilizzo e nella distribuzione ai consumatori di imballaggi interamente riciclabili e derivanti a loro volta da plastica riciclata, in un paese come il nostro, all’avanguardia proprio nel riciclo”.

Del Core e Mazzini

Claudio Mazzini, vicepresidente dell’OI, facendosi portavoce in particolare del punto di vista della distribuzione organizzata, dichiara: “La proposta di regolamento PPWR a nostro avviso va assolutamente rivista in merito all’utilizzo del packaging plastico per i prodotti ortofrutticoli, per salvaguardare produzione e consumi, considerando che attualmente non sempre ci sono alternative ugualmente sostenibili ed efficaci”.

“E’ necessaria una mobilitazione politica da parte di tutti i componenti della filiera ortofrutticola ed industriali – riprende Del Core – affinchè, con l’appoggio del nostro governo e dei nostri parlamentari europei si scongiurino i forti effetti negativi che scaturirebbero da un provvedimento calato dall’alto, senza un’affidabile analisi comparata che ne giustifichi realmente i positivi effetti in termini di sostenibilità. Il voto in Commissione Ambiente a Bruxelles è stato piuttosto incerto su questo punto in particolare, pertanto noi auspichiamo che ci sia ancora margine per modificare il regolamento in sede di sessione plenaria del Parlamento Europeo, il 20 novembre prossimo, considerando che il tema è estremamente delicato anche per altri paesi europei ed è attenzionato dai diversi schieramenti politici”.

“Il sistema dell’interprofessione unitariamente si schiera a favore del valore della qualità della nostra ortofrutta, e per noi il packaging è uno degli strumenti fondamentali proprio per proteggere e trasmettere quel valore. L’impegno di OI è costante nel supportare e sostenere tutte le iniziative delle istituzioni e delle altre organizzazioni della filiera. n Ortofrutta Italia d’altronde sosteniamo da tempo che Plastic Free non è la soluzione, Plastic Waste Free è la vera soluzione”, conclude il presidente dell’OI.

Coldiretti, Filiera Italia, Cia, Confapi, Ancc-Coop, Ancd-Conad, Legacoop, Legacoop Agroalimentare, Legacoop Produzione&Servizi, Ue.Coop, Flai Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil  hanno promosso un incontro a Bruxelles al quale hanno dato adesione  oltre 40 eurodeputati italiani appartenenti a tutte le forze politiche in vista del voto della relazione PE durante la plenaria del 21 novembre.

L’obiettivo è quello di ricreare l’asse trasversale degli eurodeputati italiani a prescindere dall’appartenenza politica che deve essere superato quando sono in gioco interesse pesanti per l’intero Paese enfatizzando per la prima volta il fatto che l’Italia e leader nelle bioplastiche totalmente biodegradabili e che queste possono costituire un elemento di forza anche con Paesi schierati su posizioni diverse rappresentando soluzioni incontestabilmente sostenibili.

L’Italia, si legge in una nota stampa, è diventata negli ultimi anni punto di riferimento globale nel materiale innovativo riciclabile ed ha già raggiunto in termini di riciclo obiettivi superiori alla stragrande maggioranza degli altri Paesi: il tasso di riciclo complessivo degli imballaggi in Italia ha raggiunto quota 73,3% nel 2021, superando l’obiettivo del 70% fissato per il 2030, collocando il nostro Paese al secondo posto in Europa per riciclo degli imballaggi pro-capite. Rimettere in discussione questo modello ormai consolidato – secondo le Associazioni – rischia di vanificare gli sforzi e gli obiettivi raggiunti finora, generando un impatto estremamente pervasivo che rischia di colpire oltre il 30% del nostro Prodotto Interno Lordo.

Il danno non sarebbe infatti limitato alle sole aziende degli imballaggi ma riguarderebbe a ritroso filiere fondamentali per il nostro Paese quali l’intero settore agroalimentare, dalla produzione, alla trasformazione e distribuzione, mettendo a rischio decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di posti di lavoro.

La proposta impatterebbe, inoltre, un settore come quello delle bioplastiche compostabili e totalmente biodegradabili introducendo una serie di limitazioni d’uso, limitando di fatto l’innovazione negli imballaggi e non permettendo il ritorno degli ingenti investimenti fatti in innovazione e in bioraffinerie prime al mondo oggi in funzione, di cui l’Italia è leader attraverso società quali Eni Versalis – Novamont che, insieme ad altre partecipate pubbliche e campioni nazionali, aderiscono a Filiera Italia. Parliamo di bioplastiche e di bioprodotti da fonti rinnovabili concepiti per la tutela del suolo e delle acque, attraverso la riconversione di siti industriali non più competitivi, nel rispetto delle specificità locali e in partnership con tutti gli attori della filiera. La leadership che il nostro Paese detiene in tali prodotti innovativi, sottolinea il sodalizio, è ulteriormente confermata dal fatto che Cina e Stati Uniti stanno cercando di imitare tali prodotti e processi innovativi nella loro corsa agli sviluppi industriali del biomanufacturing.

Per il settore agroalimentare in particolare, la proposta impatta negativamente il confezionamento stesso dei prodotti, mettendo a rischio gli attuali standard di sicurezza e qualità alimentare, ma anche la shelf-life dei prodotti stessi, con il conseguente rischio di aumento degli sprechi dovuto alla maggiore deperibilità degli alimenti venduti senza confezione.

Un esempio indicativo è rappresentato dal divieto, che tale proposta introduce, di confezionamento di frutta e verdura in quantità inferiori ad 1,5 chili, prescrizione che determinerebbe la definitiva scomparsa del settore della IV Gamma di cui l’Italia è leader mondiale. Altro esempio rappresentativo sarebbe l’obbligo di passare dal riciclo al riuso nel settore dell’Ho.re.ca con difficoltà di sostituire ad esempio, nel servizio d’asporto, le stoviglie monouso riciclabili con materiale in plastica da riutilizzare che andrebbero restituite dal consumatore ogni volta al ristorante di provenienza. Ciò aiuta a comprendere come, secondo tutte le più recenti evidenze scientifiche, gli imballaggi riutilizzabili che la Commissione UE vorrebbe imporre sono più impattanti del packaging monouso comportando un aumento del 180% di emissioni di CO2 e di circa il 240% in più di consumo d’acqua.

Tutto ciò genererebbe anche – concludono le Associazioni  – un ulteriore aumento dei costi di produzione per l’intera filiera agroalimentare, con pesanti ripercussioni sui prezzi pagati dai consumatori in un momento di grande difficoltà economica.

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