di Massimo Degli Esposti *
Dopo la sentenza di primo grado che ha condannato i vertici della Bio-on per falso in bilancio e manipolazione del mercato sembrava essere calato il sipario sul sogno della plastica pulita, di origine organica e totalmente biodegradabile. Un sogno collettivo che coinvolse piccoli azionisti e grandi investitori internazionali, fino a spingerne il valore di Borsa a 1,3 miliardi di euro. Ma il servizio di Report andato in onda domenica 8 dicembre su Rai 3 rilancia, intatti, gli inquietanti interrogativi che la parabola di Bio-on ha suscitato negli ormai 5 anni trascorsi dal fallimento del dicembre 2019 ad oggi. Interrogativi che il processo non ha dissipato – vedremo presto le motivazioni della sentenza -, nonostante oltre due anni di udienze.
L’azienda era davvero una scatola vuota, un castello di carte, come lo definì l’oscuro finanziere italo-israeliano Gabriele Grego nel video che il 24 luglio 2019 innescò il tracollo a Piazza Affari e il successivo fallimento a seguito dell’arresto dei due fondatori Marco Astorri e Guido Cicognani, in un precipitare di eventi durato appena quattro mesi? Le testimonianze raccolte da Report dimostrano che la realtà è ben diversa: c’erano i brevetti, le tecnologie, gli impianti, i contratti firmati con colossi dell’industria agroalimentare e non solo. Di più: tutto questo c’è ancora, custodito nello stabilimento di Gaiana di Castel San Pietro Terme, ora rianimato dall’imprenditore della plastica piemontese Eligio Martini, che ha investito 25 milioni di euro per rilevare gli asset di Bio-on e si appresta a farla ripartire. E c’è ancora nei progetti di Marco Rivoira, titolare del gruppo ortofrutticolo Rivoira che dice a Report: “Ho passato mesi in Bio-on a sviluppare il packaging per le mie mele, fatto con lo scarto delle mie mele. Io quella plastica l’ho vista, toccata, utilizzata”.
E allora perché una scoperta che avrebbe potuto rivoluzionare il mondo è stata uccisa nella culla? Perché, dice il conduttore Sigfrido Ranucci, “abbiamo buttato il bambino con l’acqua sporca”?
Qualche ipotesi, Report, la fa. Svela l’intreccio di interessi fra il “killer” di Bio-on, Grego, e alcuni fondi speculativi che avevano scommesso milioni di dollari sul suo annientamento. Smaschera i legami d’affari fra il suo consulente “indipendente”, il commercialista Maurizio Salom, e l’azienda concorrente, la Novamont della bio plastica Mater-bi. Denuncia l’inspiegabile immobilismo di Borsa Italiana e i tentennamenti dell’organo di controllo, la Consob, nel fronteggiare un’ondata speculativa al ribasso che ha bruciato i risparmi di 30 mila piccoli azionisti. Adombra sospetti sulla correttezza della Procura, che sospese le indagini sugli aggressori e indagò invece gli aggrediti, giungendo poi ad incriminarli. Nulla di nuovo, per carità. Avevamo già scritto tutto nel libro “L’Unicorno avvelenato”, uscito lo scorso gennaio. Ma vederlo scodellato in faccia ai protagonisti, per di più in una trasmissione seguita da milioni di italiani, fa comunque un certo effetto.
Non vogliamo però scadere nel complottismo. Il servizio di Report, correttamente, sottolinea anche le debolezze della società: industrializzazione del processo ancora da mettere a punto, qualche brevetto depositato e non ancora registrato, applicazioni della bioplastica ipotizzate ma non ancora tradotte in prodotti. E mette in evidenza leggerezze e ingenuità degli amministratori che annunciavano come conclusi affari ancora da tramutare in incassi di denaro sonante. Ma erano le cifre iscritte a bilancio il valore vero della Bio-on? Qualche milione in più o in meno nei conti di un’azienda ancora “bambina”, di fatto una start up che fatturava come un grande magazzino? Cosa cercavano gli investitori nelle azioni di Bio-on, un dividendo di poche migliaia di euro o un posto riservato sul treno del futuro? Una cosa è certa: Bio-on era un sogno che la finanza stava contribuendo a realizzare. E che la finanza, quella tossica, ha infranto. L’altro giorno Marco Astorri ha postato su X questa riflessione: “Pensate che se la Sec americana avesse inquisito Elon Musk negli anni di lancio della Tesla perché l’auto elettrica è un fantasma, un’illusione, oggi Tesla sarebbe l’industria automobilistica più capitalizzata del mondo?” . Elon Musk ha messo il suo “Mi piace”.
*Autore con Andrea Franchini del libro “L’unicorno avvelenato-Così la finanza tossica ha ucciso il sogno della plastica pulita”. Edizioni ArteStampa, prima edizione gennaio 2024